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somiglianze, in famiglie umane e animali |
Che i caratteri ereditari si trasmettano da genitori
a figli è osservazione comune. Tra genitori e figli vediamo somiglianze anche fortissime; il seme di una
pianta dà origine a una pianta uguale alla genitrice;
in una cucciolata di gattini è facile ravvisare le caratteristiche di madre
e padre. Per secoli e per millenni gli allevatori di bestiame hanno incrociato
fra loro i capi provvisti di qualità migliori, per ottenere una discendenza
che portasse le stesse qualità.
Quello che non si è saputo, fino a tempi molto recenti, è dove risiedessero fisicamente i caratteri ereditari. Fra gli antichi Greci, ad esempio, era convinzione diffusa che il seme dell’uomo portasse in sè in germe del nascituro,
e che la donna si limitasse a "portare a maturazione" il seme dentro di sè, senza altrimenti contribuire con caratteri propri alla discendenza.
Era la convinzione di una società maschilista, ma era anche, se vogliamo, contraria al senso comune, perché di fatto le somiglianze tra figli e madri sono altrettanto forti quanto tra figli e padri.
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la biblioteca del monastero di Brno, dove Mendel fu abate |
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Mendel (che osserva un fiore) fra altri monaci |
La scoperta delle leggi che governano l’eredità biologica si deve al lavoro di un naturalista dell’Ottocento, il monaco agostiniano G.J.Mendel, che incrociò metodicamente,
nell’orto del suo monastero in Boemia, diverse varietà di piselli, dai caratteri rigorosamente distinti (forma e colore del seme e del baccello, altezza della pianta, ecc.).
Misurando con cura i risultati e studiando il modo in cui i caratteri dei genitori comparivano e scomparivano nella discendenza,
Mendel comprese le leggi fondamentali che regolano la trasmissione dei caratteri biologici.
le leggi di Mendel
Mendel presentò i risultati delle sue ricerche nel 1865 alla Società di Scienze Naturali di Brno (oggi in Cechia).
Furono pubblicati l’anno successivo. Aveva scoperto le leggi che regolano la trasmissione dei caratteri ereditari in tutti gli organismi viventi che si riproducono per via sessuale,
ma nessuno prestò attenzione al suo lavoro, che sarebbe stato riscoperto solo 35 anni dopo, nel 1900, da tre diversi ricercatori europei, indipendentemente l’uno dall’altro e contemporaneamente.
Ripetendo gli esperimenti di Mendel, ci si rese conto che aveva ragione.
Sono passati 140 anni da quando Mendel pubblicò il suo lavoro.
Le conoscenze di cui disponiamo sui meccanismi che governano la trasmissione della vita si sono moltiplicate in modo prodigioso nell’ultimo secolo, ma le scoperte di Mendel rimangono valide.
Ne è nata una nuova scienza, la genetica, la disciplina che studia la trasmissione dei caratteri ereditari da una generazione all’altra.
I "caratteri" ereditari di cui parlava Mendel oggi si chiamano "geni", un
termine che designa l’unità fondamentale di informazione ereditaria che passa
da genitori a figlio (dalla radice del greco ghènesis,
"origine, generazione"). Un singolo gene determina, o contribuisce a determinare,
uno dei numerosissimi caratteri di un organismo: la forma piuttosto che il
colore del seme nel pisello, il colore degli occhi piuttosto che dei capelli
nell’uomo, e così via.
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