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bimba mongola |
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giovane jarawa |
Ciò che lega in profondità l’evoluzione biologica e l’evoluzione culturale è che entrambe dipendono dalla capacità di autoriprodursi, che è caratteristica
dei geni come delle idee.
Gli uni come le altre riproducono se stesse con modificazioni, passando da un un’organismo all’altro o da un’intelligenza a un’altra. In biologia chiamiamo "mutazioni" questi piccoli cambiamenti trasmissibili,
in campo culturale li potremo chiamare "innovazioni". La trasmissione
con modifiche è il fatto fondamentale che sta alla base
della capacità stessa di evolvere.
I geni si autoriproducono quando trovano le condizioni adatte. Quando ciò avviene, l’organismo asessuato genererà una o più copie di se stesso, identiche l’una all’altra e al genitore, se non per le occasionali mutazioni.
Lo stesso procedimento ha luogo negli organismi sessuati, dove però bisogna che i gameti dei genitori si incontrino e si fondano perché si abbia la formazione di uno o più nuovi individui,
che saranno anch’essi sostanzialmente identici ai genitori, salvo mutazioni.
In modo analogo, anche un’idea si "autoriproduce", quando si trasmette da un cervello all’altro. Potrà essere accettata così com’è, oppure modificata.
La natura fisica dei geni è stata compresa e accertata grazie al paziente lavoro di migliaia e migliaia di ricercatori nell’arco di oltre centoquarant’anni. La natura fisica delle idee,
che sono inevitabilmente il prodotto di circuiti neuronali e di collegamenti sinaptici, sta cominciando a chiarirsi in questi anni, ma occorrerannno decenni prima che si riesca a definire cos’è, fisicamente, un’idea.
Anche l’evoluzione culturale si può misurare in generazioni, e qui emerge la
straordinaria rapidità dell’evoluzione culturale rispetto all’evoluzione biologica. Diecimila anni fa, ma anche trentamila o centomila anni fa,
la specie umana non era biologicamente diversa da oggi in alcun modo significativo. Si sono affermati alcuni adattamenti biologici piccoli ma importanti, alcuni dei quali conseguenti a innovazioni culturali
(ne parleremo nel capitolo successivo), altri strettamente biologici. I cambiamenti più evidenti (e più veloci) sono quelli che riguardano l’aspetto esterno del corpo,
che è la nostra interfaccia con l’ambiente e che subisce l’azione del clima.
Le popolazioni che si sono insediate nell’estremo nord del pianeta, come in Siberia, Mongolia ed Alaska, hanno sviluppato caratteristiche adatte a quei climi freddissimi, per selezione naturale.
Un cuscinetto di grasso sotto le palpebre protegge gli occhi dal rischio di congelamento; gli occhi sono una fessura sottile, a riparo dai venti gelidi; narici lunghe e sottili riscaldano l’aria prima che raggiunga i polmoni.
Il corpo è tondeggiante, costruito in modo da disperdere al minimo il calore.
All’opposto, nella foresta tropicale africana troviamo un popolo come i pigmei, piccoli e sottili. Il loro corpo disperde rapidamente il calore, perché il rapporto fra superficie e volume è molto più basso.
Le narici sono corte e larghe, per facilitare la respirazione di un’aria che è già a temperatura ambiente.
genetica e cultura
rapporto superficie/volume e adattamenti corporei
Questi adattamenti biologici hanno impiegato millenni o decine di migliaia di anni per affermarsi. Guardiamo cosa è successo invece della nostra cultura.
Diecimila anni fa gli esseri umani si erano già sparsi su tutto il pianeta, saranno stati forse qualche milione.
Vivevano in modo simile a centomila anni fa, in piccole bande di cacciatori-raccoglitori seminomadi. Oggi siamo qualche miliardo, abitiamo prevalentemente in giganteschi agglomerati urbani,
e l’ambiente del pianeta è globalmente antropizzato, spesso trasformato in un ambiente artificiale, o reca comunque in profondità i segni dell’intervento umano.
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manutenzione del telescopio orbitante Hubble |
Ancora appena duecento anni fa ci si poteva spostare solo a cavallo, o con la navigazione a vela, o altrimenti a piedi. Per comunicare bisognava incontrarsi, o spedire un messaggio scritto con un corriere.
Le informazioni sui fatti del mondo venivano portate dai primi periodici, o dal racconto dei viaggiatori (come era stato fin dalla notte dei tempi).
Un bambino su quattro o cinque moriva alla nascita o nel primo anno di vita.
Oggi, la mortalità infantile è quasi nulla nei paesi sviluppati, e se ci rechiamo in Siberia non dobbiamo sviluppare i geni adatti: ci muniamo di appositi abiti e attrezzature,
compresi occhiali speciali contro il gelo e il vento. Così, se ci rechiamo ai Tropici non abbiamo bisogno di sviluppare la pelle scura: bastano creme protettive o abbronzanti.
Progressivamente, l’evoluzione culturale umana è divenuta preponderante sull’evoluzione biologica. Individui affetti da malattie genetiche anche gravi riescono spesso a nascere e a sopravvivere,
a volte fin oltre l’età riproduttiva, nella società contemporanea. Individui che la natura avrebbe condannato, perché poco adatti alla vita, vivono invece grazie all’aiuto dei loro simili e delle tecnologie,
mediche o di altro genere.
Negli ultimi decenni la vita media ha continuato ad allungarsi, grazie alla medicina e ad una disponibilità di cibo molto superiore al passato. Le
tecnologie umane estendono non solo la durata della vita, ma anche la portata
dei nostri sensi. Per esempio, mentre gli occhiali migliorano e prolungano nel tempo la capacità di vedere,
microscopi e telescopi ci permettono di spingere la vista ben al di là di quanto consentito dal nostro assetto biologico.
Vale la pena di capire come l’evoluzione della cultura abbia prodotto le gigantesche trasformazioni cui diamo il nome di "storia".
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